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giovedì 10 luglio 2014

Uno stock di magliette in liquidazione


Marco torna a casa dal lavoro, trova la famiglia in fermento e la casa in allegro disordine. La moglie Isabella e i suoi due figli Roberto e Jolanda si provano a ritmo da capogiro magliette colorate.
Isabella: -“Hai visto, Marco, hai visto che bell’assortimento di magliette ho trovato, per tutta la famiglia, a prezzo di liquidazione ?”-
Marco:  -“Carine”.-
Marco conosce i vantaggi delle liquidazioni e accenna appena un sorriso. Le magliette non si distinguevano tanto per fattura, colori o tessuto ma semplicemente ognuna riportava, sul petto o su una spalla o sulla schiena, una serie di distintivi, scritte e gradi.
Marco: -“Mi dispiace, ma se non fai delle sostanziali modifiche, per me sarà impossibile uscire vestito così”.
Isabella: -“Come? Come sarebbe? Io le indosserò anche per andare a teatro e Roberto e Jolanda faranno furore con gli amici in piazza”.
Marco: -“Sì, non lo nego. Ma sono magliette un po’ troppo … spiritose, adatte al target   *genitori senza figli* o *figli senza genitori*. Noi, invece, siamo una famiglia che veste con stile sobrio e anonimo. Noi non siamo modaioli !”- 

Afferma con convinzione e voce sdegnata guardando la moglie negli occhi con sguardo profondamente ironico
“Non è vero che questa moda paramilitare rappresenti la rivolta dei giovani contro il militarismo, che sia una dissacrazione e demitizzazione della guerra. È solo il bisogno di far vedere che si è qualcuno, che ci si vuole distinguere, affermare un’autorità, anche se si tratta di quella di un caporal maggiore …”  

Jolanda e Roberto si facevano vedere in giro con scritte del tipo “US Navy”, “US Marines Corps”, “US Army”, “Jet USAF”, “Headquarter”. Isabella, dal suo canto, sfoggiava magliette con distintivi vari, ancore, timoni, vele, la rosa dei venti e, in seguito, azzardò anche qualche scritta, ma ancora con pudore: limitandosi a  “East African Safari”, “Bahamas”, “Tortuga”, “Tahiti”. Comunque tutto andò relativamente bene fino a quando, esaurite le scritte più o meno ingenue (anche se a Marco faceva una certa impressione dare una sberla a Roberto “fuciliere della Marina americana”), si passò ai gradi. 

Le cose andarono lisce finché ci si limitò al caporale, al sergente o al massimo ad  un certo “captain” che poteva essere un militare ma anche un comandante di un peschereccio. Il primo colpo Marco lo ebbe quando Isabella apparve con una maglietta recante i galloni di colonnello delle Guardie Scozzesi di Sua Maestà. Parve, a Marco, un atto di aperta ribellione, un’affermazione di autorità di fronte a un poveraccio (lui) che non era riuscito a superare il livello di caporal maggiore degli autieri.(militare addetto alla guida degli automezzi). Marco si ribellò ma il giorno dopo Isabella, scossa dalle parole del consorte, apparve a tavola con una maglietta che sul petto recava le insegne di Commodoro, sulla manica sinistra i gradi di generale di corpo d’armata, su quella destra i nastrini di partecipazione a tutte le guerre, da quella italo-turca in poi. Guardò Marco con aria di sfida. Marco smorzò subito il sorrisino, scosse il capo e commentò: “Qui va a finire male …”

Per parecchi giorni le cose procedettero senza scosse. L’unica differenza era che si era passati alle decorazioni: Roberto mostrava con una certa superbia la Victoria Cross, la più alta onorificenza militare britannica, Jolanda si pavoneggia con l’omologo nastrino della medaglia del Congresso americano e Isabella superò se stessa appendendosi il collare dell’Ordine della SS. Annunziata. “Qui Va a finire male …” continuava a dire Marco.

Finì male. Un giorno Marco fu raggiunto da un telefonata della Questura. Un commissario l’avvertì che tutti e tre i componenti la sua famiglia si trovavano “a disposizione delle autorità per ulteriori indagini”. Se voleva poteva andare ad appurare le cose di persona. Marco andò. E così apprese che Isabella, Jolanda e Roberto erano stati “fermati” perché indossanti in pubblico uniformi mimetiche; cosa assolutamente proibita dalla legge italiana. Invitati a sbarazzarsi immediatamente del travestimento, i tre si erano ribellati agli agenti affermando che – riportavano i verbali – “ Siamo in un paese libero e ognuno deve avere il diritto di vestirsi come vuole”.

Marco tornò nella casa vuota. Era rimasto solo con una montagna di magliette sparse un po’ dovunque. Gli fecero tenerezza. In quel momento suonò il campanello della porta. Andò ad aprire. Era la Suocera, venuta a consolarlo. Indossava una maglietta gialla, sulla cui schiena campeggiava la scritta: “I feel sexy”.


Babazzurra

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